Un cumulo di hard disk e batterie elettriche giace esausto in un angolo del capannone, pronto per essere fatto a pezzi da un braccio meccanico addestrato per separarne le componenti. Fra pochi minuti i materiali – le viti, l’alluminio, la plastica, la scheda elettronica – saranno differenziati in contenitori per il conferimento, a parte il magnete permanente, una mezzaluna d’acciaio impastata a terre rare che si appresta a essere data in pasto come materia prima alla linea industriale. Siamo a Ceccano, un paese alle porte di Frosinone, nella sede dell’impianto pilota New-Re, il primo stabilimento europeo di recupero delle terre rare dai rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettronica (Raee). Sulle pareti campeggia il logo di Itelyum, l’azienda che da sessant’anni si occupa di riciclo di olio industriale esausto in Italia e che dalla fine del 2024 ha deciso di mettere a servizio la propria competenza nella gestione dei rifiuti complessi per le terre rare, i diciassette elementi indispensabili per la transizione ecologica, la difesa e l’aerospazio, il cui mercato nei prossimi anni potrebbe decuplicare e la cui estrazione, però, è talmente difficile e pericolosa che oggi per il 70% avviene soltanto in Cina. «Oggi le terre rare, che pure sono difficili da estrarre e mettono a repentaglio la salute dei lavoratori – ci fa strada nel magazzino di quattromila metri quadrati il direttore dello stabilimento Jacopo Jirillo – non sono quasi mai recuperate: spesso i componenti che li contengono vengono buttati nel ferro, frantumati e usati come materiale di riempimento nel settore edile, al massimo si prova a recuperarne una parte in modo meccanico. ll nostro processo di riciclo invece è chimico, si chiama idro-metallurgico ed è stato brevettato dal dipartimento di Ingegneria chimica dell’Università dell’Aquila. I magneti permanenti, che sono le calamite che fanno girare hard disk ma anche le batterie per la mobilità elettrica – dalle auto ai monopattini – vengono inseriti in un forno e cotti per tre ore a 400 gradi per smagnetizzarli, poi finiscono in un mulino a sfere che li macina, prima più grossolanamente e poi finemente. La polvere ottenuta finisce in un reattore, in cui viene aggiunto anche l’acido citrico». L’acido scioglie la polvere e la trasforma in una soluzione con tutti gli elementi scomposti. L’inquinante nichel viene rimosso; il resto finisce in un secondo reattore dove altri due prodotti chimici separano la parte ferrosa, più pesante, dalle terre rare alle quali viene aggiunto il carbonato. A questo punto, con una pressa, si toglie l’acqua e rimane l’ossido di terre rare, che si presenta come una sabbia simile al borotalco. «Inizialmente pensavamo che il prodotto ottenuto fosse un semilavorato – spiega Jirillo – invece abbiamo trovato un cliente al quale interessa così com’è e che lo riesce a reimpiegare per creare nuovi magneti permanenti. Il massimo della circolarità». Per ora New-Re – autorizzato dalla Regione Lazio nel 2023 e inaugurato a settembre 2024 – è un impianto pilota che può lavorare 20mila chili all’anno di Raee per ottenere duemila chili di ossidi misti. Grazie a un finanziamento dell’Unione europea incluso nei progetti Life riconosciuti per la circolarità, però, entro la primavera 2027 l’impianto diventerà industriale, cambierà nome in Inspiree e si ingrandirà: quattro linee di macchinari tratteranno 32mila tonnellate all’anno di Raee; tanto ma una briciola rispetto alle circa 320.000 tonnellate di Raee che vengono raccolte ogni anno in Italia e che a loro volta ammontano ad appena la metà dei rifiuti elettronici accumulati nel nostro Paese. Il tutto è creato in modo automatizzato, gestito da una quindicina di persone attraverso un pannello elettronico.
Il progetto è frutto di una collaborazione con il consorzio Erion e la ditta pugliese Globeco, che si occupano della raccolta dei rifiuti elettrici ed elettronici, la società Osai specializzata in automazione e robotica per lo smontaggio dei Raee ed Eit Raw Materials che ha supportato Itelyum per l’ottenimento del finanziamento europeo. Anche se l’olio esausto e le terre rare sembrano avere poco in comune, è proprio l’expertise messo a punto da Itelyum nel primo settore ad averla portata in prima linea anche di questo secondo e innovativo impianto. Oggi il gruppo – che fattura 600 milioni di euro e impiega 1.500 persone – è costituito da oltre trenta società, con 44 sedi operative sparse sul territorio e alcune acquisizioni estere, tra Francia, Germania, Slovenia e Serbia. L’olio esausto minerale, che giunge a Ceccano attraverso autobotti direttamente dal Consorzio unico nazionale di raccolta degli oli usati viene ripulito e trasformato in basi rigenerate, bitume per asfalti stradali e guaine e acqua che viene depurata in un apposito impianto. Lo stesso circolo virtuoso dal punto di vista ambientale viene seguito pure dalle acque di lavaggio adoperate dall’impianto per il riciclo delle terre rare e per tutti i gas sviluppati dall’impianto che vengono monitorati e sono sotto il controllo degli enti. «La speranza – conclude Jirillo – è che nel settore delle terre rare l’Italia possa diventare un’eccellenza come lo è già per il riciclo degli oli esausti e per la loro raccolta, che a fronte di una media europea dell’80 per cento, il nostro Paese si attesta ormai da anni al cento per cento».
Fonte: Ilaria Beretta | Avvenire.it