I femminicidi di Sara Campanella e di Ilaria Sulo fanno trapelare un aspetto di queste terribili tragedie forse finora poco considerato, e che riguarda il ruolo della madre nella vita dei figli maschi; in entrambi i casi infatti, seppure in modo diverso, compaiono in scena le madri dei due ragazzi: madri che, di fronte alle azioni dei figli, si muovono in primo luogo nella direzione di proteggerli, fino ad arrivare (nel caso di Ilaria Sulo) a un possibile coinvolgimento diretto nell’occultamento delle prove.

Questo movimento di “copertura” verso fatti così gravi ci interroga, ci inquieta e ci mette in contraddizione. Nell’agire di queste donne-madri avvertiamo infatti per prima cosa, senza forse ammetterlo, l’eco ben nota a tutte le madri di un istinto primario fortissimo, che spinge a stare dalla parte dei figli anche contro ogni ragionevolezza, come se il compito di difenderli sempre e comunque fosse una sorta di mandato ancestrale che il legame biologico fa venire alla luce.

Avvertiamo però anche l’eco grande di una mancanza: è come se il figlio, in questi casi ormai adulto per età, non potesse essere considerato pienamente responsabile di sé, né messo a confronto con le conseguenze delle sue azioni. Al centro del pensiero materno c’è la percezione del suo “bisogno” (vero o presunto), che viene prima di ogni altra cosa.

Al di là dei casi specifici (sui quali qualsiasi illazione sarebbe scorretta) mi sembra importante aggiungere al dibattito sulla mascolinità tossica anche questa variabile: il modo in cui un uomo si relaziona con la donna non ha origine solo dalla storia della sua relazione con il maschile e con il padre, ma anche da quella della sua relazione con la madre. Il riferimento costante al “patriarcato” non sembra sufficiente da solo a spiegare quello che sta accadendo.

Nello sviluppo del rapporto con le donne, il tema “materno” è un tema centrale per il maschio, perché la madre rappresenta per lui il primo riferimento femminile; le vicende del rapporto con lei sono uno snodo cruciale nella sua vicenda psichica e hanno conseguenze profonde nell’organizzazione della sua vita affettiva e sessuale.

Il distacco psichico dalla madre e la conquista della capacità adulta di “stare solo” sono prerequisiti indispensabili all’incontro maturo del maschio con la donna; per una relazione sana infatti l’uomo deve accettare il femminile di una donna reale, con le sue caratteristiche, i suoi limiti e i suoi progetti; una donna che ha il baricentro in se stessa ed è libera perciò anche di sottrarsi al suo desiderio: una configurazione relazionale molto diversa da quella con l’immagine sempre disponibile della donna-madre che il bambino ha costruito nell’infanzia.

Si tratta di rinunciare alla fantasia inconscia onnipotente di avere una sorta di diritto a essere amato, e a quella di ritrovare l’amore della madre nell’incontro con un’altra donna, immaginandola capace di comprenderlo, accoglierlo e perdonarlo sempre e comunque, proprio come una madre. Nel rapporto con le donne diverse dalla madre, l’inconscio maschile incontra due paure profonde: la paura di abbandono e la paura di castrazione, che nascono entrambe dal confronto con il proprio limite e con la propria vulnerabilità.

Queste paure, molle potenti nascoste dietro a buona parte dell’aggressività verso le donne, sono oggi particolarmente intense nei maschi per due diversi motivi. Da un lato, la mancanza di padri e di altre figure maschili supportive comporta un aumento della fragilità narcisistica: per sviluppare un sano senso di sé il maschio avrebbe infatti bisogno di venire incoraggiato a misurarsi con la realtà da figure maschili che stima e di cui sente la stima. Dall’altro, la comparsa di un modello femminile di stampo onnipotente rende l’uomo sempre più insicuro davanti alla propria vulnerabilità. Ne derivano prepotenza da un lato e impotenza dall’altro, indici entrambe di un maschile infantile, incapace di avere uno sguardo adulto sulla donna: un maschile che ha al contrario uno sguardo appropriativo e talvolta anche predatorio, perché vive la donna come colei che, in continuità con la madre, deve essere sempre disponibile a soddisfare il suo desiderio.

Per avviarsi verso la propria autonomia affettiva il maschio ha bisogno da parte della madre di un aiuto generoso e difficile: la madre deve favorire il distacco da sé, accettando un po’ alla volta di venire marginalizzata dalla vita del figlio. Dovrà far fronte al lutto di progressivi distacchi emotivi, accettando che il figlio abbia pensieri, segreti, affetti che non condivide con lei; dovrà imparare a gioire della sua capacità di fare a meno di lei; dovrà resistere alla tentazione di anticipare la soluzione ai suoi problemi e alle sue difficoltà, e metterlo di fronte alla sua responsabilità e alle conseguenze delle sue azioni. Dovrà fare perciò una cosa molto difficile per le madri: dovrà esercitarsi a “non fare”, ponendosi spesso una piccola, ma cruciale domanda: “Cosa posso non fare oggi per mio figlio?”.

Fonti: Mariolina Ceriotti Migliarese | Avvenire.it