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Ilvero “sol dell’avvenire”. Perche’ la Settimana Santa e la resurrezione sono l’unica rivoluzione (anche politica)

Pasqua è anche una liberazione politica. Ogni anno celebriamo la Settimana Santa come se fosse semplicemente una tradizione religiosa e non avesse nulla a che fare con la vita quotidiana e tanto meno con la politica (cioè la polis, la città degli uomini). Ma è davvero così?

No. Gli eventi della Settimana Santa sono i più radicalmente politici della storia. Non solo perché Gesù è stato crocifisso con un’imputazione politica (che Pilato volle scrivere sul cartiglio: “Gesù di Nazaret Re dei giudei”). Non a caso la Chiesa celebra “Cristo Re dell’universo” proprio indicando il Calvario dove ha una corona di spine e una croce come trono. Singolare regalità quella di un crocifisso, ma i cristiani affermano che è l’unico vero potere vincente: quello dell’Amore.

Qualcuno sarcasticamente obietterà: “l’Amore? Quanti battaglioni ha l’Amore? Qual è la forza dell’Amore?”. Risposta: è infinita. Non si tratta infatti di banale sentimentalismo. Dante canta “l’amor che move il sole e l’altre stelle” per celebrare il potere che crea e governa l’universo intero, dalle galassie alla struttura subatomica della materia, ai cuori umani.

Il Credo (seguendo il Nuovo testamento) proclama: “per mezzo di lui tutte le cose sono state create”, perché tutto ha consistenza nel Verbo di Dio che si è fatto uomo. Anche un fiocco di neve, un fiore o una pietra. È una regalità che è in atto ora, nella vita di ciascuno, in ogni singolo atomo e nella corsa delle galassie dopo il Big Bang che ha prodotto il tempo e lo spazio.

Ma vediamo allora il significato politico della Settimana Santa. Anzitutto, dal violento arresto, al processo ingiusto, alla crocifissione, è in primo piano il potere del male che è radicato dentro ogni uomo e che devasta la vita personale e sociale. Lo fa da sempre. Per la dottrina cristiana questo veleno deriva dal “peccato originale” che produce i suoi effetti distruttivi a livello personale e a livello collettivo, cioè politico.

Che l’uomo sia imperfetto e che, quindi, non possa costruire mai un ordine sociale e politico perfetto, ma una polis fortemente segnata dalla violenza e dall’oppressione, è la prima evidenza. Proprio per “guarire” gli uomini e abbattere il “principe delle tenebre”, sovrano abusivo della Terra, il Figlio di Dio, vero Re dell’universo, si è fatto uomo.

Così nell’ultima cena capovolge il concetto stesso di “potere” e afferma: I capi delle nazioni dominano su di esse, e i grandi le opprimono. Voi però non fate così; ma chi è il più grande tra voi diventi come il più piccolo, e chi governa come colui che serve” perché anche “il Figlio dell’uomo è venuto non per farsi servire, ma per servire e per dare la sua vita come riscatto per la liberazione degli uomini”.

Questa è l’unica vera rivoluzione della storia. È così che è entrato nel mondo un principio, anzi una forza, che demitizza radicalmente il potere, gli nega le prerogative divine e assolute che aveva sempre preteso e lo misura con un criterio opposto: non l’arbitrio, l’oppressione e la violenza, ma l’amore, il servire ogni essere umano che è costato il sangue del Figlio di Dio e ha una dignità infinita e intangibile.

È una delle novità portate dal cristianesimo che pian piano, nel corso di questi venti secoli, ha letteralmente cambiato i connotati del potere e della città dell’uomo (nei Paesi cristiani che poi “contagiano” gli altri). Pur fra ricadute e orrende inversioni di marcia si è affermato il principio per cui il potere non può rivendicare una sovranità assoluta e non può essere arbitrio, violenza e oppressione. Ma deve “servire” gli uomini. Ogni uomo ha diritti naturali inalienabili.

C’è poi un’altra conseguenza politica nella “liberazione” portata da Cristo: vengono spazzate via tutte le pretese salvifiche delle ideologie e delle utopie, proprio perché l’uomo è imperfetto e fallibile. Questa è la vera laicità.

L’ha spiegato con la consueta acutezza Joseph Ratzinger: “Lo Stato non è la totalità dell’esistenza umana e non abbraccia tutta la speranza umana (…). La fede cristiana ha distrutto il mito dello stato divino, il mito dello stato-paradiso e della società senza dominio o potere. Al suo posto ha invece collocato il realismo della ragione (…). Il primo servizio che la fede fa alla politica è la liberazione dell’uomo dall’irrazionalità dei miti politici che sono il vero rischio del nostro tempo. Essere sobri ed attuare ciò che è possibile, e non reclamare con il cuore in fiamme l’impossibile, è sempre stato difficile; la voce della ragione non è mai così forte come il grido irrazionale… Ma la verità è che la morale politica consiste precisamente nella resistenza alla seduzione delle grandi parole con cui ci si fa gioco dell’umanità dell’uomo. Non è morale il moralismo dell’avventura (…). Lo è invece la lealtà che accetta le misure dell’uomo e compie, entro queste misure, l’opera dell’uomo” (“Chiesa, ecumenismo e politica”, Cantagalli)

Si vede anche oggi con quanta facilità si trasformano in “religioni” assolute, in utopie dogmatiche certe idee politiche alimentate con la “seduzione delle grandi parole” e con il “moralismo dell’avventura”: il riscaldamento globale, l’europeismo o, appena ieri, il “sol dell’avvenire” o “il nuovo ordine mondiale” della globalizzazione che doveva essere “la fine della storia”.

Quella cristiana è una liberazione sia personale che sociale. Papa Francesco ha detto: La nostra speranza si chiama Gesù. Egli è entrato nel sepolcro del nostro peccato, è arrivato nel punto più lontano in cui ci eravamo perduti e ci ha risvegliati alla vita. Con Lui il male non ha più potere, il fallimento non può impedirci di ricominciare”.

La possibilità di essere perdonati e, in qualunque situazione, di poter ricominciare sempre, è un anticipo della resurrezione finale e vale per ogni persona. Ma ha pure un significato sociale e politico perché anche la polis, la comunità, deve continuamente correggere gli errori, riformarsi, diventare più giusta, più libera e pacifica. Sapendo che l’utopia “perfettista” è un pericolo mortale (lo ha spiegato Popper) il giusto ordine sociale sarà “semper reformandus”, incrementale.

Infine: la resurrezione è l’unica realizzazione felice di quella giustizia che tutte le rivoluzioni hanno invocato poi fallendo tutte nel sangue.

Lo ha spiegato Benedetto XVI nell’enciclica Spe salvi. Parlando dei “grandi pensatori della scuola di Francoforte” scrive: “(Adorno) ha affermato che giustizia, una vera giustizia, richiederebbe un mondo ‘in cui non solo la sofferenza presente fosse annullata, ma anche revocato ciò che è irrevocabilmente passato’ Questo, però, significherebbe – espresso in simboli positivi e quindi per lui inadeguati – che giustizia non può esservi senza risurrezione dei morti. Una tale prospettiva, tuttavia, comporterebbe ‘la risurrezione della carne, una cosa che all’idealismo, al regno dello spirito assoluto, è totalmente estranea’”.

Ma, afferma Benedetto XVI, questa “giustizia” invece esiste: Cristo “sofferente innocente è diventato speranza-certezza: Dio c’è, e Dio sa creare la giustizia in un modo che noi non siamo capaci di concepire e che, tuttavia, nella fede possiamo intuire. Sì, esiste la risurrezione della carne. Esiste una giustizia. Esiste la ‘revoca’ della sofferenza passata, la riparazione che ristabilisce il diritto. Per questo la fede nel Giudizio finale è innanzitutto e soprattutto speranza – quella speranza, la cui necessità si è resa evidente proprio negli sconvolgimenti degli ultimi secoli. Io sono convinto che la questione della giustizia costituisce l’argomento essenziale, in ogni caso l’argomento più forte, in favore della fede nella vita eterna. Il bisogno soltanto individuale di un appagamento che in questa vita ci è negato, dell’immortalità dell’amore che attendiamo, è certamente un motivo importante per credere che l’uomo sia fatto per l’eternità; ma solo in collegamento con l’impossibilità che l’ingiustizia della storia sia l’ultima parola, diviene pienamente convincente la necessità del ritorno di Cristo e della nuova vita”.

È lui il vero “sol dell’avvenire”.

Fonte: AntonioSocci.com

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