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Il lascito di papa Francesco alla chiesa e all’umanità

Povertà è stato l’altro nome di Papa Bergoglio, in un discorso iniziato nel suo primo giorno, quando scelse il nome di Francesco, unico papa nella storia. Ma per capire Papa Francesco occorre dare alla povertà tutta la ricchezza semantica del vangelo e della bibbia che ha il suo culmine in “beati i poveri”. Ho avuto il dono di conoscere Papa Francesco personalmente, grazie soprattutto al lavoro per Economy of Francesco, un movimento di giovani economisti e imprenditori da lui voluto, uno dei molti processi da lui attivati, come aveva annunciato nel suo manifesto programmatico – l’ «Evangelii gaudium». L’ho potuto vedere all’opera, e ho così conosciuto Papa Francesco e Jorge Bergoglio, insieme, perché in un modo più intenso rispetto ai suoi predecessori, l’azione di Papa Bergoglio è stata un intreccio inestricabile di carisma personale e compito istituzionale.

La parabola, che si trova in Luca, del ricco epulone e di Lazzaro, è una bella immagine per entrare nel cuore del pontificato e del magistero di Francesco. In quel racconto abbiamo un ricco epulone, senza nome, che passa la sua vita in lussi e stravizi. Sotto il suo tavolo c’è un povero, Lazzaro, che cerca di sopravvivere raccogliendo le briciole che cadono, senza volerlo, dalla tavola del signore. La storia dell’umanità è stata scritta e fatta da molti che si sono messi ad osservare il mondo seduti accanto al ricco epulone, magari senza condividerne pasti e lussi, ma hanno scelto la sua sedia per vedere. Altri, molti molti di meno, hanno scelto di guardare il mondo scendendo sotto il tavolo, e raggiunti i Lazzari della terra, hanno scelto quella postazione per guardare, vedere, capire, descrivere e giudicare il mondo. Di questa élite all’incontrario hanno fatto parte Cristo, Francesco e Chiara d’Assisi, Martin Luther King, Don Milani, Fratel Biagio, Madre Teresa, e Jorge-Francesco. E quando la vita ti porta a fare questa scelta cambiano molte cose, forse tutto. Sotto quel tavolo si vedono un altro capitalismo, un’altra finanza, un’altra economia, un’altra ricchezza, un’altra povertà. Tutto si ribalta, a cominciare dal vangelo stesso. Perché quando sei dalla parte di Lazzaro, la buona novella diventa un’altra cosa, molto diversa. Leggere e dire «beati i poveri», annunciare il grido del crocifisso a chi è veramente povero, sulle vie crucis, e abbandonato da tutti, ai carcerati veri, significa annunciare un altro vangelo. Quello delle vittime, quello degli scartati, dei dimenticati, quello delle carceri viste da dentro – stupenda la sua azione nelle carceri, fino al l’ultima sua visita giovedì scorso, Lampedusa fu la prima.

Francesco ci ha donato il vangelo di sempre, della Chiesa e di tutti; ma avendo scelto, da Papa, la prospettiva di Lazzaro, quel vangelo è stato in grado di dire altre cose, che non avevamo ancora ascoltato. Perché quando leggi la parabola di Lazzaro e ti accorgi di averlo davanti a te, nei poveri che ti stanno ascoltando, cambia tutto. È così che vanno lette le sue encicliche sociali, dalla «Laudato Si’» a «Fratelli Tutti», che sono state capaci di riportare il pensiero sociale della chiesa dentro i dibattiti civili e culturali del nostro tempo, dai quali era uscita da tempo.

La «Laudato Si’» nel 2015 ha annunciato la gravità estrema della crisi ambientale prima che esplodesse nella sua urgenza in tutto il mondo. Ci ha detto che la povertà dell’uomo e della donna, il grande tema del vangelo, oggi va declinato insieme al grido della terra, perché sono veramente lo stesso grido. E così ha poi continuato il suo discorso con la «Fratelli Tutti» (2020), che ci ha raccontato di nuovo la parabola del Buon Samaritano (Lc 10,30-35) vista anche dalla parte della vittima, e su questa ha costruito la sua nuova idea di fraternità civile. La fraternità di Lazzaro, dell’uomo lasciato mezzo morto dai briganti sulla via verso Gerico. Quella parabola è di- ventata la carta magna di un’azione civile e spirituale basata sulla prossimità, ricordandoci, con Amartya Sen che il prossimo del vangelo non è il vicino. Il samaritano, l’unico dei passanti che si ferma, era infatti il più distante dei tre passanti lungo la strada, è lui invece colui che diventa prossimo della vittima. E così viene superata e rinnegata qualsiasi formula del tipo ‘prima gli americani’, ‘prima gli italiani’, che non hanno alcun senso dentro l’umanesimo della fraternità evangelica. Aveva parlato del Samaritano anche agli imprenditori dell’Economia di Comunione nel 2017: «Bisogna allora puntare a cambiare le regole del gioco del sistema economico-sociale. Certo, quando l’imprenditore o una qualsiasi persona si imbatte in una vittima, è chiamato a prendersene cura, e magari, come il buon samaritano, associare anche il mercato (l’albergatore) alla sua azione di fraternità. Ma occorre agire soprat- tutto prima che l’uomo si imbatta nei briganti, combattendo le strutture di peccato che producono briganti e  vittime. Un imprenditore che è solo buon samaritano fa metà del suo dovere: cura le vittime di oggi, ma non riduce quelle di domani».
Nessuna azione di cura delle vittime sarà capace di sanare tutte le ferite della terra finché ci saranno meccanismi, strutture, logiche e incentivi che producono ogni giorno vittime come loro primo e intenzionale output.

Un messaggio economico e sociale fortissimo, potente, che ha portato avanti per tutto il suo Pontificato. La parabola del Samaritano l’aveva utilizzata anche nel discorso per l’Assemblea della Confindustria nel settembre del 2022: «il buon samaritano poteva essere un mercante: è lui che si prende cura dell’uomo derubato e ferito, e poi lo affida a un altro imprenditore, un albergatore. I “due denari” che il samaritano anticipa all’albergatore sono molto importanti: nel Vangelo non ci sono soltanto i trenta denari di Giuda; non solo quelli. In effetti, lo stesso denaro può essere usato, ieri come oggi, per tradire e vendere un amico o per salvare una vittima. Lo vediamo tutti i giorni, quando i denari di Giuda e quelli del buon samaritano convivono negli stessi mercati, nelle stesse borse valori, nelle stesse piazze. L’economia cresce e diventa umana quando i denari dei samaritani diventano più numerosi di quelli di Giuda».
Grazie Papa Francesco. La tua azione, le tue parole dette con la bocca, e con tutto il tuo corpo, resteranno nel patrimonio della chiesa e dell’umanità. Ci hai donato il motto “testa, cuore e mani” ma oggi noi dobbiamo aggiungere anche “piedi” perché tu hai vissuto la tua missione certamente con il cuore, con la testa e con le mani ma anche andando incontro alle persone a piedi e poi in carrozzina. Fino alla fine, fino all’ultimo saluto di Domenica di Pasqua quando con uno sforzo estremo sei sceso in carrozzina per darci il tuo addio e per sentire ancora l’odore del tuo gregge.
Hai lasciato la chiesa migliore di come l’avevi incontrata da ragazzo quando sei partito seguendo una voce. L’hai resa più vicina al cuore di Cristo, a quello di Francesco, quindi al cuore dell’uomo, della donna, dei po- veri. Continueremo la tua corsa.

Fonte: Luigino Bruni | Ilsole24ore.com

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